IV.6 L’insediamento del periodo Rosso

La distribuzione topografica delle evidenze (Tav. IV)

Le più estese e significative evidenze urbanistiche del periodo Rosso, prima dei recenti scavi, erano certamente quelle rilevate dai vecchi scavi nel settore occidentale della cittadella. Si tratta di una porzione piuttosto ampia delle mura urbane e di alcune abitazioni, raggruppate a formare gli isolati XI, XII, XIV, XV e XVI. Riteniamo vada escluso da questa fase il piccolo “bastione trapezoidale” [1] composto dai vani 902-908 (isolato XIX) e dalla scaletta 38, che sarebbero stati addossati solo nel periodo Giallo al più esteso bastione occidentale (isolati XVI-XVIII) dei periodi Verde e Rosso [2].

L’andamento delle mura, messe in luce dagli scavi Monaco nel 1933-34 e da quelli Griffo nel 1935-36, si segue pressoché ininterrottamente dallo sbocco occidentale dalla porta 101 fino al limite imposto dall’interruzione degli scavi nell’isolato XIII. Più ad Est, sono documentati alcuni complessi del periodo Rosso costituiti dagli isolati IX e XIII, individuati dagli scavi Accame e Bernabó Brea nel 1936.

Anche se non tutti sono stati integralmente messi in luce e delimitati poiché in parte erosi (verso Ovest) e in parte coperti dalle strutture successive del periodo Giallo (verso Est), questi edifici testimoniano l’esistenza di un fitto e diffuso tessuto urbano. In questo quadro vanno inserite anche le tracce strutturali del periodo Rosso, meno definite ma altrettanto significative, rinvenute in corrispondenza della dorsale orientale, all’interno degli isolati del periodo Giallo VI, VII e VIII (scavi Rizza 1953, Moricone 1031-32, Ricci 1930-31 e Carducci 1932-33).

Nell’area nord-orientale del sito lo scavo Pietrogrande 1931-32 aveva individuato tracce dell’abitato Rosso in corrispondenza dell’isolato III, dove il megaron 317, riferibile al periodo Giallo, riprende l’andamento planimetrico di una analoga struttura del periodo Rosso (e già Verde) e negli isolati IV e V, in corrispondenza di quello che i vecchi scavatori chiamavano “cardo ultimo” (strade 107 e 108).

Nuove e importanti informazioni per la ricostruzione dell’insediamento nel periodo Rosso provengono dai recenti scavi, condotti in questi settori nord-orientali con i Saggi H/est, Z e H/ovest [3]. Quest’ultimo saggio ha messo in luce imponenti strutture murarie riferibili al sistema perimetrale del periodo Rosso. Nei limitrofi Saggi H/est e Z sono state individuate o reindagate diverse strutture abitative, che attestano l’estensione dell’abitato del periodo Rosso in quest’area, fino al limite NE dello scavo, mentre prosegue anche in questa fase la funzionalità della grande struttura muraria contenitiva, rappresentata dal cassone G/U, in probabile collegamento con la torre e il muro di H/ovest.

La presenza di strutture del periodo Rosso nell’area a Est della strada 105, lungo il ciglio costiero, è attestata dalla datazione a queste fasi del “vano trapezoidale” messo in luce nei livelli superiori del Saggio M [4]. Le relazioni stratigrafiche dirette che intercorrono tra questo vano e le sottostanti “mura marittime” del periodo Verde (e già Azzurro evoluto), nonché il collegamento di queste mura con quelle evidenziate dagli spezzoni murari residui nella sezione a vista in prossimità del megaron 317 e con quelle rappresentate dal cassone G/U nel Saggio H/est [5], suggeriscono un’estensione dell’insediamento del periodo Rosso all’intera fascia compresa tra il ciglio costiera e il “cardo” N-S (strade 105-107).

Nei settori meridionali del sito le evidenze strutturali restituite dagli scavi per il periodo Rosso si riducono drasticamente. A Sud della strada 102 sono venuti in luce, infatti, solo sporadici resti delle strutture del periodo in esame; si tratta di alcuni muri intercettati dagli scavi Sestieri 1933 negli isolati XX e XXI, sottostanti quelli del periodo Giallo. Fra queste evidenze e le mura meridionali, erette nel periodo Azzurro, sono stati esplorati dagli scavi Inglieri 1932-33 e Puglisi 1935 ampi isolati con strutture attribuite dal Bernabò Brea al periodo Verde, ma è probabile che le fasi seriori di frequentazione di quest’area siano da riferire piuttosto al periodo Rosso, come evidenziato dalle relazioni stratigrafiche intercorrenti tra alcuni di questi edifici e i tratti meridionali delle mura e come già ipotizzato dallo stesso Bernabò Brea sulla base dei rinvenimenti di superficie [6].

La ricostruzione del circuito murario rappresenta, quindi, il più attendibile parametro per l’individuazione dei limiti spaziali dell’insediamento in questa fase, che dalle mura era circondato senza soluzioni di continuità.

Le mura (Fig. IV.5.1)

La tecnologia più volte osservata nella costruzione dei muri che si datano al periodo Rosso e che ricorre con particolare evidenza nelle mura perimetrali, è rappresentata dalla irregolare sovrapposizione di grossi ciottoloni o blocchi irregolari su filari regolarizzati da elementi più piccoli o, più raramente, da lastrine (cd. tecnica pelasgica da Bernabò Brea; Fig. IV.5.2). Questa peculiare tecnica consente di individuare con una certa sicurezza le murature di questa fase, distinguendole da quelle più antiche del periodo Verde, che prevedono, invece, corsi regolari di lastre .

Fig. IV.5.1
Fig. IV.5.1.

Diversamente da quanto era accaduto nei periodi precedenti, nel periodo Rosso non sembrano essere stati realizzati nuovi, poderosi sistemi di murature a doppio paramento, ma solo semplici rifasci e rifacimenti dei cassoni del periodo Verde, resi evidenti dalla notevole differenza nella tecnologia dell’apparecchio murario. Un’altra novità caratteristica di questo orizzonte parrebbe essere rappresentata dalle “torri”, sorta di cassonature quadrangolari con riempimento di terra, addossate come ulteriore rinforzo a murature pregresse o di nuova realizzazione.

Fig. IV.5.2.
Fig. IV.5.2.

Utilizzando questi indicatori caratteristici è possibile individuare alcuni indizi di interventi strutturali del periodo Rosso anche nel settore sud-occidentale dell’insediamento.

Come torri potrebbero essere interpretate, infatti, le strutture quadrangolari 1150 e 1162, di dubbia cronologia ma che per quota e posizione relativa potrebbero essere state in origine addossate alla seconda cortina (del periodo Verde), rispettivamente nei tratti 3 e 7 dei settori sud-occidentali, dove risulta ora obliterato o, quanto meno, ristretto da questi addossi (1162) e da sovrapposizioni (1161), il varco aperto nel periodo Verde verso la strada 130. È probabile che l’accesso a questo settore della cittadella sia stato spostato (o replicato) verso Sud, forse in corrispondenza del rifascio 3 e della strada 123.

Lo stato residuale dell’evidenza documentale (già ai tempi del rilievo di Bernabò Brea) non è tale, in ogni caso, da far escludere la presenza anche lungo questi tratti di un paramento continuo di collegamento, parallelo a quello del periodo Verde, che potrebbe essere suggerito dai lunghi muri che delimitano l’ambiente 1168.

Il paramento più esterno tra questi è sullo stesso asse della terminazione del muro 20, interpretato già da Bernabò Brea [7], insieme al corrispondente 22, come propilei di accesso alla rampa 102 nel periodo Rosso. La posizione di questi propilei, dislocata da ca. 7 m rispetto ai precedenti del periodo Verde (16-23), suggerisce una corrispondente ampiezza dell’intero rifascio o delle torri addossate durante il periodo Rosso ai tratti di cortina compresi tra 3 e 15.

Anche verso Nord il poderoso rifascio nel periodo Rosso (34) dei precedenti tratti Verde 33a-b è in asse con la terminazione del propileo 21, ma non è chiaro il collegamento fisico tra di essi data la presenza dei vani 801-802-803, addossati (e sovrapposti?) nel periodo Giallo. L’attribuzione al periodo Rosso del tratto 32a, seguendo Bernabò Brea, lascia del tutto prominente il propileo 22. In questa zona, diversamente da quella più meridionale un più accurato rilievo dei resti ancora esistenti potrebbe sciogliere le riserve che allo stato persistono.

Al periodo Verde (in una fase evoluta?) la tecnica muraria suggerisce di riferire il rifascio del tratto 36 così come la struttura addossata (torre?) 35, mente un ulteriore poderoso rifascio del periodo Rosso è certamente rappresentato dai tratti a gomito 48-49 che vano a rinforzare pregressi muri del Verde. Qui terminano le possibili evidenze strutturali per interventi di rifacimento della cortina muraria nel periodo Rosso nei settori occidentali del sito. Entrambe le porte aperte nel periodo Verde in corrispondenza delle strade 120 e 121, sembrano mantenere la loro funzionalità nel periodo Rosso.

Le nuove evidenze riferita alla cortina muraria di questa fase nell’area settentrionale consistono in un largo muro costruito con la tipica tecnica a grandi ciottoloni ma conservato su un solo filare, che percorre con orientamento NE-SW il limite occidentale dell’area indagata da H/ovest. A questo muraglione non sembra corrispondere alcun pendant in un sistema a cassone, mentre la “torre” che a questo muro si connette in asse ne costituisce semplicemente la terminazione angolare.

La lettura della prosecuzione verso Est di questo sistema e la sua probabile saldatura con il cassone G/U (del periodo Verde) lungo il ciglio costiero risulta problematica per le ampie manomissioni di età moderna su questo versante, che ostano alla comprensione dei collegamenti infra-strutturali.

Lungo il bordo orientale dell’insediamento, verso mare, è probabile che la cortina del periodo Azzurro e Verde – segnalata dagli apprestamenti murari in H/est (muri G/U e annessi), quelli visibili in sezione all’altezza del megaron 317 e quelli rilevati nel Saggio M – continuasse ad essere in funzione anche in questa fase. In entrambi i Saggi H/est e H/ovest le strutture a cassone del periodo Verde sono sormontate da case del periodo Verde e del periodo Rosso, che evidenziano la continuità funzionale di queste opere di sostruzione e perimetrazione di insediamenti che nei periodo Verde e Rosso sembrano rimasti fondamentalmente immutati nelle loro geometrie e dimensioni complessive.

L’organizzazione dell’abitato

L’organizzazione dello spazio interno dell’insediamento, condizionata dal reticolo viario e dalla strutturazione ad isolati, resta in questa fase sostanzialmente la stessa del periodo Verde, a cui si rinvia per una descrizione generale (Tav. IV) [8].

Evidenti modifiche dell’orientamento degli edifici si riscontrano solo nell’avancorpo occidentale e in particolare nell’isolato XVIII ma, altrove, le sovrapposizioni murarie tra le due fasi Verde e Rossa – sia nei vecchi (isolati VII, IX e XXII) che nei nuovi scavi (isolati III e IV) – appaiono conservare i medesimi orientamenti se non proprio limitarsi a rialzare gli stessi muri a seguito di eventi sismici distruttivi, come chiaramente rivelato nello scavo del vano 326 [9].

Le strutture di abitazione e produzione

Strutture di abitato del periodo Rosso sono state indagate dai vecchi scavi Della Seta e da quelli di Bernabò Brea nei settori occidentali e centrali del sito, mentre i nuovi scavi hanno consentito di riferire a questo periodo anche le fasi finali di fruizione del quartiere settentrionale. Disponiamo, quindi, di nuovi elementi conoscitivi per una rivisitazione del modello di strutturazione dell’insediamento del periodo Rosso all’interno delle mura. L’articolazione di questo insediamento in blocchi edilizi autonomi o semi-autonomi, circondati da stradelle, i cd. “isolati”, appare evidente dalla ricostruzione dei percorsi di queste ultime (Tav. IV). A questa fase sono, quindi, riferibili resti strutturali rinvenuti negli:

  • isolati VI, VIIa, VIII, XI, XII, XIII, XIV, XV, indagati dai vecchi scavi;
  • isolati IV e V, già indagati dai vecchi scavi e reindagati dai nuovi. [10]

Nella porzione occidentale del sito il dilavamento degli strati del periodo Giallo ha quasi esposto in superficie le strutture di abitazione e produzione del periodo Rosso e gli scavi Monaco del 1933-34 e Griffo del 1935-36 hanno potuto metterne in luce un ampio settore, coincidente con gli isolati XI-XVI, che rappresentano la più significativa estensione di strutture di questo periodo nel sito.

Tra queste strutture, ad una fase iniziale del periodo Rosso, è riferito dal Bernabò Brea il cd. “edificio XI” [11], posto a ridosso della cinta muraria occidentale nei tratti 34-37 e circondato dalle strade 121, 118 e 122.

Questo complesso è caratterizzato da una serie di ambienti (804-808), allineati in senso N-S e affacciati su un grande cortile lastricato 809 (19,5 x 8,5 m). Verso Nord non è agevole seguire la disposizione dei vani poiché risultano coperti da un rifacimento seriore: il cd. “edificio XII”, riferibile ad una fase avanzata del periodo Rosso. Un sondaggio effettuato all’interno del vano 816c di quest’ultimo edificio ha intercettato alcuni tronconi di muri pertinenti ad una fase iniziale del periodo Rosso, da porre in relazione all’edificio XI, che quindi chiaramente proseguiva in questa direzione, al di sotto dei rifacimenti seriori. L’edificio XII, che si presenta piuttosto mal conservato, con i muri ridotti ad un unico filare di pietre, costituisce, quindi, semplicemente l’esito di una ripresa in fase immediatamente successiva del precedente edificio XI, di cui conserva sostanzialmente i limiti esterni e la planimetria interna [12]. I due “edifici” vanno quindi letti in modo unitario, integrando le due planimetrie (per quanto di diverse fasi) in un unico schema.

Il condizionamento determinato dall’estensione nel periodo Verde delle mura urbane sembra aver costretto i fruitori di questo complesso a sfruttare lo spazio disponibile, allungato in senso N-S, con un ampio e lungo cortile, su cui si affacciano, ad Ovest, una fila di vani di servizio e produttivi e, a Nord, un ampio spazio di rappresentanza. Si tratta del vano 810, con pavimento a placche, la cui articolazione interna nella prima fase non è stata chiarita, ma che avrebbe anche potuto avere una conformazione a megaron della parte occidentale, affacciata sul cortile lastricato 809b. A questo spazio, nella fase seriore vengono accostati sul retro (invadendo parte della strada 121) i vani 815 e 816, destinati ad integrare le funzioni  produttive, come dimostra il rinvenimento nel vano 816 di un ripostiglio di asce-martello incompiute.

Questo complesso risulta grossomodo rettangolare, con assi di 37,5 x 15,5 m. e una superficie areale di 580 mq ca.

A Nord dell’isolato XI-XII è stato messo in luce l’isolato XIV, scavato solo parzialmente e delimitato dalle strade 119 e 118. La sua costruzione risale anch’essa ad una fase avanzata del periodo Rosso e si trova nelle stesse condizioni residuali di conservazione dell’edificio XII. Al suo interno, in posizione periferica nell’angolo SW, Bernabò Brea individua un megaron (841), rivolto verso Sud e affacciato su un piccolo cortile lastricato (840) che immetteva sulla strada 118a. Verso Est e Nord si trovano altri ambienti il cui stato di conservazione non consente di chiarirne la relazione con il supposto – piuttosto problematico e incerto – megaron 841, così come l’incompletezza delle indagini non consente di definire i limiti dell’isolato su questi lati e la planimetria generale del complesso.

Ancora più a Nord è stato esplorata una piccola porzione dell’isolato XV, articolato su tre fasi strutturali, ma la limitata area di scavo e la complessità delle strutture murarie messe in luce impedisce una comprensione planimetrica degli spazi (fatta eccezione per il cortile lastricato 8590) e anche una chiara distinzione delle sovrapposizioni nel periodo Giallo.

Anche pochi lacerti murari del c.d. “isolato XVI” attestano solo la prosecuzione dell’abitato del periodo Rosso sull’intera area di espansione realizzata nel periodo Verde con il sistema terrazzato degli isolati XVII e XVIII.

Spostandosi verso il centro dell’insediamento, a Sud della stradella 122, l’isolato XIII, scavato da L. Bernabò Brea nel 1936 e da G. Rizza nel 1953, restituisce indicazioni fondamentali per un’analisi sistematica del complesso abitativo nel periodo Rosso, inteso come insieme sincrono di più ambienti con funzioni complementari. La particolare significatività di questo complesso dipende dalla sua unitarietà cronologica e strutturale; esso risulta, infatti, datato integralmente ad una medesima fase avanzata del periodo Rosso e completamente definito nel suo perimetro e nelle sue costituenti interne.

La certezza dei suoi limiti è data dal rinvenimento su ogni lato delle strade che lo circoscrivono: 117 a Nord, 112 a Est, 123 a Sud e 122 ad Ovest. Questo isolamento dal resto del tessuto urbano rende questo complesso un blocco unitario ed esemplare del tipico complesso abitativo di questa fase. In realtà anche questo edificio ha subito nel corso del tempo evidenti ristrutturazioni che, però, almeno nell’ambito del periodo Rosso, non ne hanno modificato sostanzialmente la forma e le dimensioni, così come probabilmente anche la destinazione d’uso.

L’isolato, come ci appare nella sua fase finale, presenta una forma grossomodo quadrangolare, con assi di 19,2 x 18 m e superficie complessiva pari a ca. 350 mq. Il lato orientale è stato leggermente modificato durante una fase finale del periodo in esame e ampliato di circa 1,5-2 m con l’aggiunta dei piccoli vani 833 e 834. Questo spostamento ha tuttavia rispettato la strada 112 che continua a rappresentare un asse viario ancora valido, a differenza di quanto avverrà successivamente, nel periodo Giallo, quando l’isolato VIII la invaderà completamente [13].

L’organizzazione interna degli spazi appare qui particolarmente chiara, essendo articolata in due settori affiancati: quello orientale occupato da un grande ambiente (832; 8,3 x 5,85 m) conformato a megaron e affacciato su un ampio cortile lastricato (831; 7,2 x 8,5 m) con probabile funzione di rappresentanza; quello occidentale articolato in una serie di piccoli ambienti (822-827 e 829) intorno ad un altro cortile lastricato (828), con probabile funzione di servzio e produzione (ripostiglio di asce di bronzo nel vano 829).

L’area a Sud dell’isolato XIII, aldilà della strada 123, è occupata dall’isolato IX, di cui sono stati individuati, al di sotto di strutture del periodo Giallo, solo alcuni muri di strutture con almeno due fasi, sovrapposti al paramento occidentale del grande cassone 28 (Granaio).

In corrispondenza dell’isolato VII-zona B è stata scavata (Ricci 1930-31) un’altra significativa estensione di un isolato del periodo Rosso, delimitato su tre lati dalle strade 113 a Nord, 112b ad Ovest e 116 a Sud. Questo complesso appare caratterizzato da una serie di piccoli ambienti di quadrangolari (512, 515-518) e da un più ampio ambiente trapezoidale (510-511), disposti sui due lati di un cortile lastricato (513-514). Anche questo isolato, come il XIII, ha subito alcune modifiche strutturali durante le diverse fasi del periodo Rosso (se ne riconoscono almeno tre), che hanno però riguardato soprattutto la planimetria interna lasciando pressoché invariati i limiti esterni.

Come il XIII, anche questo isolato presenta una forma tendenzialmente quadrangolare con assi di 13,5 x 14 m e superficie complessiva minima di ca. 190 mq. ma la sovrapposizione di un edificio del periodo Giallo (isolato VII–zona A) nell’area meridionale dell’isolato non consente una definizione planimetrica esatta di questo complesso strutturale e ancor meno di quello che, nello stesso periodo, si estendeva a Sud di esso, nell’isolato VIII, come testimoniano alcuni muri messi in luce dagli scavi Morricone nel settore NE (zona D).

Nei settori settentrionali dell’abitato, i nuovi scavi condotti con il Saggio H/est, hanno messo in luce e approfondito stratigraficamente alcuni ambienti pertinenti al periodo Rosso. Si tratta del probabile megaron 326 e dei vani connessi 327-329, che si collegano strutturalmente ai vani 311 e 312, reindagati dal Saggio Z, con cui sembrano formare un unico isolato (isolato IVa-b), definito a Nord dalla strada 108 e ad Est dalla stradella costiera individuata durante le recenti campagne di scavo [14]. Altri ambienti di questo periodo sono stati individuati a Nord della strada 108, sovrapposti al grande cassone del periodo Verde G/U (vani  332-336) e allo stesso periodo Rosso sono stati riassegnati, sulla base dei ricontrolli stratigrafici effettuati nel megaron 301, anche i vani già scavati da Pietrogrande più ad Ovest, permettendo di riconoscere in quest’area un probabile, unico grande isolato (isolato Va-b).

Sull’articolazione dell’insediamento del periodo Rosso nei settori meridionali del sito (scavi Inglieri 1932-33 e Puglisi 1935) non è possibile avanzare considerazioni, data l’attribuzione complessiva al periodo Verde dei residui strutturali in situ da parte di Bernabò Brea. È probabile che le fasi seriori di fruizione di queste strutture vadano ricondotte piuttosto al periodo Rosso – la cui estensione anche a quest’area è chiaramente attesta dai numeroris rinvenimenti nei livelli superficiali – ma, non essendo stato possibile eseguire ricontrolli stratigrafici e tipologici sui relativi contesti, è necessario escludere queste aree dall’attuale analisi.

In conclusione, all’interno del tessuto urbano, le strade risultano essere, con le mura perimetrali, l’elemento fondamentale per la definizione degli isolati: il loro incontro, tendenzialmente ortogonale, delimita lotti di forma tendenzialmente quadrangolare, che vengono occupati da una serie di ambienti collegati tra loro e formanti complessi indipendenti. Per i complessi posti ai margini occidentali dell’abitato (come l’isolato XI-XII) la forma degli isolati risulta più allungata, in quanto condizionata dall’andamento dell’estensione della cinta muraria nel precedente periodo Verde, rimasta immutata nel Rosso.

In base ai dati disponibili le dimensioni degli isolati non sono costanti ma variano notevolmente da un minimo di 190 mq dell’isolato VII area b ai 580 mq dell’isolato XI-XII.

L’isolato risulta articolato in spazi interni con planimetria e dimensioni variabili, che probabilmente rivestivano una funzione complementare nell’ambito delle attività quotidiane. Tra questi spazi si riconoscono di norma tre categorie di ambienti:

– spazi coperti, di medie dimensioni e pavimentati a placche (residenziali?)

– spazi scoperti, di ampie dimensioni e pavimentati a lastre (cortili);

– spazi coperti, di piccole dimensioni, pavimentati o non pavimementati (di servizio?).

Utilizzando le più significative evidenze disponibili dai vari contesti sopra descritti passeremo in rassegna queste diverse tipologie delle componenti interni dell’isolato, cercando di individuare elementi ricorrenti e significativi di possibili funzioni.

Tra gli spazi coperti e di norma pavimentati a placche, di medie dimensioni e con probabile funzione residenziale e di rappresentanza, il megaron costituisce la soluzione planimetrica tipologicamente più chiara. La sua planimetria caratteristica, costituita da un vano rettangolare e un atrio, delimitato da due ante, ne consente, infatti, il facile riconoscimento in diversi complessi anche del periodo Rosso, come già dell’Azzurro evoluto e del Verde e poi del Giallo.

Uno dei megara meglio definiti del periodo Rosso è quello individuato, nell’isolato XIII, dal vano 832 (Tav. IV; Fig. IV.5.3), che consente interessanti correlazioni stratigrafiche e strutturali con quello recentemente indagato dal Saggio H/est (vano 326) per circa metà della sua estensione [15].

Fig. IV.5.3
Fig. IV.5.3.

Nel caso di 832 si tratta di un grande ambiente (misure interne di 8,30 x 6 m) con muri spessi più di 1 m e “in nobile costruzione” a placche e blocchetti, orientato in senso N-S e caratterizzato da diverse fasi costruttive, evidenziate dai successivi piani pavimentali [16]. Nel caso di 326 la limitata estensione dello scavo non consente di definirne le dimensioni complessive, ma la larghezza di questo vano (interna = 5 m) appare del tutto analoga a quella di 832, facendo ipotizzare analoghe dimensioni complessive. L’orientamento è anche in questo caso, significativamente, N-S.

Il saggio in profondità condotto nel 1956 all’interno del megaron 832 ha rivelato una profonda stratigrafia, che raggiunge lo strato sterile di base. È stato, così, accertato che il megaron 832 oggi visibile (indicato da Bernabò Brea come VII megaron) costituisce solo l’ultimo edificio di una lunga sequenza di strutture, erette a partire dal periodo Azzurro. Al periodo Rosso appartengono i megara V (fase iniziale), VI (fase media) e VII (fase finale).

Questa sequenza strutturale è del tutto analoga a quella documentata con il saggio in profondità all’interno del vano 326 in H/est. Anche qui le fasi del periodo Rosso sono tre, caratterizzate da altrettanti piani pavimentali con sovrapposizione di “colmate” conseguenti al mancato sgombero delle macerie risultati dai successivi incendi (fase I) ed eventi sismici (fasi II e III) che hanno interessato le strutture. Anche nel vano 326, come in 832, è stata rilevata una precedente fase di probabile fondazione del megaron nel periodo Verde, nonché tracce di precedenti strutturazioni nel periodo Azzurro evoluto [17].

Nella prima fase Rossa del megaron 326, sia la banchina che il pavimento erano coperti da uno spesso strato di crollo (3g-h) con evidenti tracce di incendio della copertura (3n), che conteneva numerosi frammenti di pithoi sigillati in giacitura primaria sul piano della banchina (Fig. IV.5.4). La stessa dinamica deposizionale era stata osservata da Bernabò Brea in 832 e in diversi altri contesi abitativi del periodo Rosso e da egli riferita ad un episodio di distruzione indotta con incendio, che avrebbe interessato l’intero insediamento nel periodo Rosso, segnando il passaggio – proprio come avviene nel vano 326 – dalla fase iniziale a quella evoluta del periodo Rosso [18].

Fig. IV.5.4.
Fig. IV.5.4.

È interessante osservare che tutti i megara sovrapposti – sia nel caso di 832 che di 326 – hanno mantenuto analoghe caratteristiche strutturali, quali la posizione, le dimensioni e l’orientamento dei muri perimetrali, la presenza di pavimentazioni in placche, di pilastri, etc. In molti casi la ristrutturazione dell’edificio è consistita, quindi, nel semplice rialzo dei muri conseguente all’innalzamento del piano pavimentale [19].

I megara V e VI di 832 presentano al centro, in asse con la porta, due basi di appoggio (quadrangolari nel V megaron, circolari nel VI) per due pilastri posti a sostegno del tetto che non si ritrovano nell’ultima fase (VII megaron) [20]. Uno di questi pilastri è stato individuato anche nella prima fase del periodo Rosso del vano 326 (il secondo pilastro doveva trovarsi nell’attiguo vano 327 non esplorato). Non è chiaro se l’assenza, nella fase finale del megaron 832, delle basi per l’appoggio di colonne o pilastri, sia connessa a mutate motivazioni funzionali come è apparso chiaro invece in 326, dove la riduzione dello spazio operata con il tramezzo orienta ad una diversa soluzione di sostegno della copertura.

Nell’angolo SW del megaron VII di 832 sono stati rinvenuti, oltre a frammenti sparsi di ceramica, la parte inferiore di un grande pithos e i resti di altre due pentole [21]. In corrispondenza dei diversi suoli del VI megaron, in relazione ai residui di un acciottolato pavimentale, sono stati rinvenute alcune pentole a tre piedi o apode di medie dimensioni. Queste evidenze di utilizzo domestico dai livelli pavimentali del megaron 832 sembrano riflesse dalle analoghe evidenze rilevate in 326. Il rinvenimento di numerosi frammenti integrabili di pithoi sul pavimento della prima fase Rossa del vano 326 risulta particolarmente significativo poiché suggerisce una possibile funzione complementare di immagazzinamento anche del megaron, oltre che dei piccoli ambienti contermini a cui è tradizionalmente ascritta [22].

Purtroppo non è stato possibile scavare il resto del megaron 326, ma solo la sua porzione settentrionale, delimitata dal muro di tramezzo nella seconda fase e affiancata da ambienti di servizio verso Est. Non disponiamo, quindi di elementi inerenti la possibile strutturazione del megaron rispetto all’atrio e al cortile. Nel megaron 832, attraverso un’apertura larga 1 m ca., si accedeva al vestibolo 831, anch’esso lastricato a piccole placche e delimitato lateralmente dalla prosecuzione ad ante di ca. 2 m dei muri laterali.

I vecchi scavi, ma anche i nuovi nel vano 326 di H/est, non hanno mai rilevato la presenza di focolari all’interno dei megara [23], per cui sembra che al loro interno avvenisse piuttosto il consumo che non la produzione di cibo, data la frequenza di rinvenimento di vasi per conservare e da mensa.

Un altro elemento caratteristico e costantemente attestato in tutti gli isolati del periodo Rosso è il cortile. Nell’isolato XIII, l’ambiente 831, pertinente alla fase media del periodo Rosso, è un cortile scoperto e lastricato con larghe placche, delle dimensioni di 8,5 x 7,2 m. La sua estensione (circa 30 mq) è stata modificata e occupata nella fase finale da alcuni piccoli ambienti, come il vano 830, con funzione ignota. Nella parte centrale del cortile una macina evidenzia lo svolgimento (anche) in questo spazio di funzioni connesse con la preparazione del cibo.

Nell’edificio XI il cortile della fase antica del periodo Rosso (vano 809) è stretto e lungo (18 x 7,5 m), disposto in senso N-S. L’estensione areale risulta di 135 mq., più del doppio di quella occupata dal cortile 831 dell’isolato XIII (55 mq). Il cortile 809 presenta alcune particolarità quali la pendenza da E verso W e la presenza di un basso muretto di pietre che delimita un’area (809b) lastricata e adibita ad attività domestiche, come è attestato dal rinvenimento in situ di una pentola a tre piedi e una macina [24]. Il cortile occupa la porzione SE dell’edificio XI e il suo lato orientale veniva a coincidere con le poderose strutture murarie del periodo Azzurro. Considerato che la parte settentrionale di questo isolato (cd. “edificio XII”) appartiene ad una fase più recente ed è molto mal conservata non è possibile ricostruire la relazione tra un eventuale megaron e il cortile, ma è molto probabile che ambienti di più ampie dimensioni, con o senza planimetri megaroide, affacciassero sul cortile dal lato settentrionale.

L’isolato VII-area b presenta nella fase evoluta del periodo Rosso, una serie di piccoli cortili collegati tra loro e forse originariamente unitari. Si tratta, al centro, del vano 513; verso S di altri due piccoli cortili, i vani 515 e 516, costruiti in discesa verso la strada 112b, forse per facilitare il deflusso delle acque verso l’esterno dell’isolato.

Anche nell’isolato XV è stato individuato un cortile lastricato (vano 850a), di forma irregolare, ma la sovrapposizione delle strutture seriori e i limiti dello scavo non ne consentono una più precisa definizione. La forma triangolare sembra essere l’esito di progressive occupazioni con vani di servizio, come in diverse altre situazioni.

In base ai pochi materiali trovati in situ nei cortili (macine e pentole) si può pensare che qui si svolgessero attività domestiche inerenti la preparazione del cibo: molitura, segnalata dai numerosi rinvenimenti di macine  e mortai e cottura. Focolari semplici o strutturati erano collocati nei cortili, come dimostra la struttura con breve murello paravento rinvenuta nel cortile 809 dell’edificio XI, associata ad una pentola tripodata, un mortaio litico e un pithos [25].

Insieme a questi due elementi fondamentali e chiaramente distinguibili per le loro caratteristiche particolari, il magaron o i suoi succedanei e il cortile, sono sempre presenti all’interno dell’isolato una serie di vani minori. Si tratta di ambienti coperti, di forma quadrata, rettangolare e trapezoidale e di dimensioni varie, ma di norma medio-piccole, che spesso presentano tracce del pavimento costituito da piccole placche. In diversi casi, dalle pareti verso l’interno, si dipartono piccoli muri che li dividono in spazi e nicchie, forse occupati da armadi o usati come ripostigli. È questo, per esempio, il caso dell’ambiente 824 nell’isolato XIII, il cui lato orientale è suddiviso in due spazi rispettivamente di 1,1 e 2,4 m per una profondità di 0,60 m. Anche il lato occidentale dello stesso vano è suddiviso in due piccoli spazi di cui quello più settentrionale conserva anche una lastra posta a chiusura. Anche nell’edificio XII, il vano 818 presenta una piccola nicchia larga 80 e profonda 70 cm.

I saggi in profondità effettuati all’interno di questi ambienti hanno dimostrano che la loro planimetria, a differenza di quella del megaron o del cortile, di norna più conservativa, viene modificata più volte; sembra, cioè, che questo vani vengano modificati o creati ex novo nelle diverse fasi di vita di ogni isolato per irposndere a nuove esigenze spaziali e funzionali.

Alcuni di questi ambienti hanno restituito rinvenimenti particolarmente significativi ai fini della valutazione delle loro funzioni. Il saggio in profondità condotto nel 1936   nell’ambiente 816c dell’edificio XII ha individuato un piano di calpestio della fase iniziale del periodo Rosso su cui erano appoggiati cinque frammenti di ascia martello incompiuti [26], che fanno pensare alla presenza di un atelier litotecnico.

Nel vano 829 dell’isolato XIII, riferibile alla fase finale del periodo Rosso, è stato recuperato un gruppo di oggetti in bronzi (5 asce, 1 alabarda, 3 punte di lancia o pugnale, alcuni punteruoli, ecc.) sigillati in situ dal crollo della casa [27]. In questo caso il vano avrebbe assolto alla funzione di contenere degli oggetti particolarmente preziosi e correlati ad attività belliche.

Di norma in questi piccoli ambienti si rinvengono pentole di impasto apode e a tre piedi, connesse, come è già stato detto, alla preparazione e consumo del cibo (alternativa o complementare a quella che si svolgeva nel cortile). Nella stanza 824, tre pentole sono poste al centro e immerse in terra arrossata dal fuoco.

Una funzione di deposito e di conservazione delle riserve alimentari (complementare a quella dei megara) era certamente svolta da alcuni di questi vani secondari, come dimostrano i numerosi rinvenimenti di grandi contenitori in situ, per esempio nei vani 510-512 dell’isolato VIIa.

In estrema sintesi le modalità abitativa del periodo Rosso risultano, quindi, articolate:

  • cronologicamente, in tre fasi strutturali successive conseguenti ad eventi catastrofici interessanti l’intero insediamento (isolati III, V, VI, VII, VIII e XIII) e di probabile natura sismica, come chiaramente rilevato nel vano 326 dai nuovi scavi; il primo di questi eventi, che segna il passaggio sul piano tipologico dal periodo Rosso iniziale a quello evoluto, è accompagnato da un vasto incendio le cui tracce sono state riconosciue, oltre che nel vano 326, anche nel megaron 832 e nel’isolato VIIa;
  • topograficamente, in complessi edilizi isolati da strade, di forma variabile ma tendenzialmente quadrangolare, occupati da strutture a planimetria complessa, gravitante su uno o più cortili con vani di più ampie dimensioni, di norma conformati a megaron, con funzione residenziale e sociale e vani secondari, di piccole o medie dimensioni con planimetrie variabili e non di rado irregolari, con funzione di deposito/conservazione e produzione, artigianale e alimentare.

Edifici con funzioni particolari

Anche l’unica struttura con probabile fruizione comunitaria, il megaron 317 (Fig. IV.5.5), ripropone nel periodo Rosso iniziale (fase II) il medesimo orientamento del periodo precedente, ma si posizionale più a Sud e restringe l’ampiezza interna di ca. 1m, assumendo sostanzialmente la planimetria che sarà conservata in tutte le fasi successive (anche del periodo Giallo).

Fig. IV.5.5.
Fig. IV.5.5.

Il rifacimento nella fase evoluta del periodo Rosso (III fase) introduce un importante elemento di ulteriore monumentalizzazione di questa struttura, rappresentato dai grandi ortostati in arenaria collocati lungo il paramento orientale, che enfatizzano la probabile funzione cerimoniale e la spazialità propriamente tridimensionale di questa struttura. Isolata su tre lati dalla stradella 109 e affacciata sulla piazza 106, essa doveva trovarsi al centro di particolari liturgie processionali.

Vincenzo Tiné

Note

[1] Poliochni I, 280-81.

[2] In questa direzione orientano le relazioni strutturali e il fatto che palesemente la scaletta 38 oblitera le cortine 48-49 dei precedenti periodi secondo la tipica prassi di defunzionalizzione delle mura del periodo Giallo (analogamente a quanto avviene con l’inserzione dei vani di questo periodo 801-803 di fronte alla cortina del periodo Rosso 32).

[3] Cf. supra, II.4 saggio H/est, 000-000, II.5 saggio H/ovest, 000-000 e II.12 saggio Z, 000-000.

[4] Cf. supra, II.6 saggio M, 000-000.

[5] Cf. supra, II.4 saggio H/est, 000-000.

[6] Poliochni I, 630: “Ciò che è stato detto per il quartiere occidentale si può ripetere, e a maggior ragione, per il quartiere meridionale, scavato dall’Inglieri nel 1932 e 1933 (isolati XXIII-XXVI), dove lo strato del periodo Rosso è stato ormai quasi completamente asportato dall’erosione del suolo e restano solo lievi tracce delle sue fasi iniziali al di sopra degli strati del periodo Verde”. Cf. anche infra, 000-000.

[7] Poliochni I, ??????

[8] Cf. supra, IV.5 L’insediamento del periodo Verde, 000-000

[9] Cf. supra, II.4 saggio H/est, 000-000.

[10] La presenza di strutture del periodo Rosso anche nell’isolato III è documentata da due fasi di quest’epoca del megaron 317.

[11] Poliochni I, 319. I termini “edificio” e “isolato” sono utilizzati quasi come sinonimi da Bernabò Brea; nel caso degli “isolati” XI e XII la loro descrizione come “edifici” discende dalla loro parziale sovrapposizione stratigrafica. Si tratta in effetti di settori distinti del medesimo isolato (XI-XII), di cui, a causa del diverso stato di conservazione a seguito di fenomeni erosivi, è stata messa in luce un’ala più antica nell’area XI e un’ala più recente nell’area XII.

[12] Il rispetto dei limiti esterni dell’isolato originario sembra confermato dalla coincidenza del muro orientale del vano 818 della fase recente con quello della fase antica; si tratta del muro di delimitazione dell’isolato verso Ovest, con la strada 122.

[13] Non è stato individuato dagli scavatori l’accesso dall’esterno che poteva essere verosimilmente su entrambe le strade 112 (Est) e 123 (Sud), sulle quali affacciano muri di delimitazione mal conservati, che potrebbero aver impedito di leggere le soglie.

[14] Gli ambienti 311 e 312, a sinistra della strada 107b, scavati dal Pietrogrande nel 1931-32 e riferiti da Bernabò Brea al periodo Verde sono stati reinterpretati alla luce dei recenti scavi e attribuiti al periodo Rosso (cf. II.4 saggio H/est). Questi vani si collegano con il vano 326, posto a destra della strada 107, dimostrando come questa via in realtà non esistesse in antico.

[15] Cf. supra, II,4 saggio H/est. Anche nell’isolato XIV, benché la planimetria sia stata solo parzialmente messa in luce, Bernabò Brea individuava un megaron nel piccolo vano 841 (3 x 3,30 m) e nell’antistante vestibolo 840 (3 x 2 m). La pianta di questo edificio, pertinente ad una fase evoluta del periodo Rosso, appare, però, piuttosto complessa dato che il vano 841 è collegato tramite una porta ad una seconda stanza 842 (4,20 x 3,50 m). Le dimensioni di questo ipotetico megaron risultano piuttosto, inoltre, decisamente ridotte se confrontate con quelle del vano 832. La stanza 841 ricopre infatti un’area di 10 mq ca., appena 1/5 di quella del vano 832 (53 mq). Anche sommando l’area dei vani 841 e 842 si totalizza una superficie complessiva di 25 mq, meno della metà del megaron 832.  Infine, questo supposto megaron 840-841 (oppure 840-841-842) occupa una posizione laterale all’interno dell’isolato, a diretto contatto con la strada 118b, a cui si accede tramite il piccolo vestibolo, mentre nell’isolato XIII il megaron è, almeno nella fase evoluta del periodo Rosso, circondato su tre lati (E, S e W) dagli altri ambienti e dal cortile. Per le stessa ragioni dimensionali e planimetriche appare altrettanto improbabile una connotazione propriamente megaroide dei vani 835-836 nello stesso isolato. Conformazione a megaron poteva avere anche il vano rettangolare di fase Rossa individuato sotto il megaron 461 del periodo Giallo all’interno dell’isolato VI, ma si tratta di un rinvenimento isolato e non contestualizzato come è anche il caso delle due fasi Rosse del megaron 317.

[16] Poliochni I, 102.

[17] Tre fasi edilizie riferibili al periodo Rosso e una del periodo Verde sono attestate anche nell’isolato VII-zona A. Anche in questo caso la prima fase del periodo Rosso risulta terminata da un violento incendio.

[18] Poliochni I, 629: “… si tratterebbe di una catastrofe che ha interessato non un solo quartiere ma l’intera città”. Elementi in questo senso sono rilevati da Bernbabò Brea nell’isolato VII (scavi Ricci 1931); nell’isolato VIII (scavi Morricone 1932 e Bernabò Brea 1952: vani 616-7, 623-4, 628-9) e nell’ isolato VI (scavi Carducci 1932-33: vani 401, 412, 416 e Bernabò Brea 19551-52: vani 317, 422-3). Ulteriori indizi provengono dal vano 829 dell’isolato XIII (interessato da fenomeni erosivi che potrebbero aver cancellato più estese tracce dell’evento distruttivo). La seconda fase Rossa del megaron 317, in particolare, sarebbe conseguente a questa catastrofe. “L’assenza di questo livello di distruzione nel saggio in profondità eseguito nel megaron 605 dell’isolato VIII può essere in rapporto con spianamenti del terreno, fatti nel periodo Giallo quando si costruì l’edificio, che lo avrebbero asportato” (Poliochni I, 630).

[19] Come è stato accertato dallo scavo del vano 326 questi accumuli, di significativa entità (50-60 cm di spessore medio), non sono conseguenti al protrarsi dell’utilizzo quotidiano, come pensava Bernabò Brea, ma alla consuetudine di non rimuovere le macerie di crollo e le suppellettili domestiche rimaste in situ, che erano semplicemente livellate e coperte da nuivi livelli pavimentali.

[20] Lo studio di Daviau (Daviau 1993) sui siti della Palestina ha osservato che i megara nel Bronzo antico sono muniti di basi per colonne in relazione alla presenza di un piano rialzato. Gli stessi edifici vengono ricostruiti nel Bronzo medio senza basi poiché, secondo la studiosa, non dovevano sorreggere il peso del secondo piano. Nel vano 326 recentemente scavato l’ultima fase defunzionalizza la base di appoggio del pilastro e la sostituisce con un breve setto perimetrale (cf. saggio H/est) in coincidenza con una riduzione dell’ampiezza del megaron, che viene suddiviso in due vani da un muro di tramezzo.

[21] Poliochni I, 102.

[22] Anche il rinvenimento del fondo del grande pithos nel megaron VII del vano 832 potrebbe testimoniare una funzione analoga.

[23] L’unica possibile eccezione è rappresentata dal focolare invenuto sul pavimento del vano rettangolare 412 nell’isolato VI, ma la conformazione megaroide di questa struttura è dubbia.

[24] In realtà la funzione del muretto non è chiara: secondo Bernabó Brea esso costituisce una sorta di paravento per proteggere un focolare che si trovava nell’ambiente 809b, ma lo stesso Autore sostiene che tra il limite W del muretto e l’ambiente 806 poteva esistere una porta (Poliochni I, 322).

[25] Un focolare indiziato solo da pietre arrossate si trova anche nel vano 828 dell’isolato XIII, che sembra essere un cortile secondario su cui gravitano gli ambienti minori del complesso.

[26] Poliochni I,  330.

[27] Poliochni I,  348.