Nel 1994 lavori di restauro e di consolidamento [1] delle strutture dell’abitato di Poliochni sono stati effettuati, sempre sotto la direzione scientifica della Scuola, grazie anche ai finanziamenti straordinari ottenuti dalla K’ Eforia per la manifestazione Dichiarazione dell’Egeo [2].
Nell’isolato VI (scavi Ricci 1930 e Carducci 1932-1933) sono stati interessati agli interventi di restuaro e di consolidamento i vani 401-404, 406-409, 414-421, 425-429 (Fig. V.5.1). Nel vano 401a è stato restaurato il muro orientale, crollato lungo la faccia interna; tra la terra sono stati recuperati frammenti ceramici tutti del periodo Giallo. Il muro è stato rialzato di 3 filari lasciando in vista la porta. Il muro occidentale, a ridosso del vano 409, una volta rimosse delle pietre, appariva completamente slittato verso W, all’interno del vano. Esso poggiava su uno strato di terra che obliterava strutture del periodo Rosso, che costituivano il limite di chiusura del vano 409 a cui, in una fase successiva, sembra addossarsi al vano 401. Anche il muro circolare (periodo Rosso) [3], che si raccordava, sul lato E, con un muro rettilineo che attraversava in senso E-W il vano 401, è stato oggetto di restauro. Nello stretto ambiente 409a è stata restaurata la faccia orientale (interna) del muro occidentale. Questo muro, che scendeva per ben cinque filari, appariva costruito con macine di riutilizzo e con pietre di piccole dimensioni.

In corrispondenza del tratto 409b è stata ritrovata la porta del vano 401 [4]. Durante il restauro, lungo tutto il muro occidentale del vano, sono stati rinvenuti frammenti di cordoli di cemento risalenti a precedenti lavori di restauro. Nel vano 402 è stato rialzato un piccolo tratto del muro settentrionale, che separava questo vano dal 401b. Anche in questo caso, nella ripulitura del muro sono stati trovati resti di cordoli di cemento testimonianze di precedenti interventi di restauro. In corrispondenza dell’angolo NW, è stato lasciato in situ uno dei due filari, a testimoninaza dell’occlusione della porta comunicante con il vano 408a: è verosimile che la porta nell’ultimo momento di vita dell’ambiente fosse obliterata e davanti al vano 408 fosse costruito un piccolo manufatto rettangolare per l’alloggiamento di un pithos. Nel vano 407b si è intervenuto sul muro occidentale e, a ridosso dell’angolo NE, è stato messo in luce il muro originario, che è stato risollevato: il muro più alto era stato aggiunto successivamente e si impostava direttamente nell’area del cortile 411b. Nel vano 406, completamente distrutto, era riconoscibile solo il muro orientale con la porta di accesso. Rimosso il crollo, sono state individuate le fondazioni dei muri occidentale e meridionale che sembravano ad una quota più bassa rispetto a quella della soglia. I muri sono stati risollevati. Nel vano 404, ben conservato, sono stati ripuliti i muri perimetrali; il muro meridionale è stato rialzato di 2 filari per portarlo a livello delle strutture murarie dell’attiguo vano 406. Nel vano 403 è stato ripulito il muro orientale, che delimitava l’isolato verso la strada 105 nel tratto c. Nella pulizia dell’ingresso è stata trovata in situ una lastra piana (verosimilmente la soglia), che è stata integrata con una seconda lastra, come indicato nella pianta redatta da Berbabò Brea [5]. Nel megaron 425, ben conservato e leggibile nella pianta, si è intervenuto nel muro occidentale che è stato rialzato. Nell’angolo NW, rimosso un crollo, è stato messo in luce un piccolo ingresso indicato da una lastra piana. Nella pulizia del muro settentrionale, che proseguiva verso W per perdersi sotto i limiti della trincea lasciata da Carlo Carducci, sono state individuate le fondazioni costituite da lastre piane con al di sopra pietre irregolari di forma circolare. E’ stata anche ricostruita con piccole lastre l’anta di SE, originariamente costituita da un blocco rettangolare di calacare e tagliata dal muro orientale del vano 427. Nel vano 419 è stata individuata la faccia esterna del muro settentrionale di cui era stata messa in luce alla fine dello scavo del 1933 solo la faccia interna [6]. Si tratta di un muro con andamento curvilineo dello spessore di ca. 80 cm, formato da grandi pietre irregolari. A circa 80 cm dall’angolo NW del megaron 425 sono stati individuati dei frammenti pertinenti ad un pithos, che ripuliti sono stati lasciati in situ; il pithos verosimilmente doveva essere collocato in un recesso del muro. Nell’allargamento della trincea verso N è stato messo in luce uno spuntone di muro che atttestava il prosieguo del muro perimetrale occidentale del megaron 425. Nella pulizia del piccolo vano quadrangolare 428 è stato notato che i muri perimetrali erano conservati solo per un filare e che, rimosso il crollo del muro settentrionale, l’ambiente era stato scavato in profondità e successivamente riempito con terra di setaccio. Nel muro orientale sono stati recuperati pezzi di cemento, testimonianza questa che anche questo muro era stato oggetto di un precedente restauro. Nel vano 423, in parte colmato da pietre crollate verosimilmente dal muro orientale, si è proceduto alla sistemazione del suddetto muro, che finiva con un dente quadrangolare, poggiante direttamente su una struttura del periodo Rosso. E’ stata inoltre ripristinata la piccola porta, che si apriva sul lato settentrionale: lo stipite orientale è stato rialzato di due filari. Nel vano 421 si è proceduto alla ripulitura del muro orientale, che presentava un crollo in corrispondenza dell’angolo NE. Nell’angolo SE è stato ripulito un piccolo allineamento di pietre con andamento N-S, forse l’alloggiamento per un pithos [7]. Nel vano 414b, una volta rimosso il pietrame che parzialmente lo ricopriva, è affiorato uno strato di cocci che è risultato essere il butto degli scavi degli anni ’30. E’ stato risistemato il muro divisorio con l’ambiente 414a e risollevata l’anta all’angolo SE. La pulitura della faccia esterna del muro settentrionale ha permesso di mettere in luce un piccolo muro, conservatosi su due filari, che tagliava in senso N-S il vicolo 111. Nel vano 413 la porta, che si apriva sul lato N, era indicata da una grossa soglia ancora in situ che ha permesso di stabilire la quota di calpestio originaria del vano e dell’attiguo vicolo 111. All’angolo NE era ancora visibile lo stipite originario della soglia; stipite che in una fase successiva venne obliterato da un rifacimento del muro.
Nell’isolato VII (scavi Ricci 1930-1931), l’area del megaron 506 è stata interessata a lavori di restauro a partire dal vicolo 415 (Fig. V.5.2). La zona era ricoperta di pietrame verosimilmente proveniente dal crollo del muro settentrionale dei vani 502 e 501a. La rimozione del crollo ha permesso di mettere in luce l’angolo dell’edificio, costituito da tre lastre. Era evidente che il muro, conservato solo per i filari inferiori, costituiva un rinfascio avvenuto in epoca successiva alla costruzione dell’angolo. Nella pulizia della porta del vano 501a sono state recuperate in un crollo all’angolo NW due macine ed è stato completato il restauro del muro settentrionale del vano 502. La porta sul lato interno (faccia vano 502) presentava un rinfianco costituito da un muretto lungo 1,10 m; la rimozione del crollo ha evidenziato una cesura tra lo stipite originario e il muretto di rinfianco. Il muretto poggiava su un compatto strato di terra e di piccole pietre che andava a ridosso del muro riportato da Bernabò Brea come mozzicone di muro del periodo Azzurro [8]. In realtà il livello di pietre costituiva il piano di posa del muro di rinfascio, una specie di fondazione che si vedeva esattamente in corrispondenza della fine del piccolo muro Giallo che chiudeva la porta verso il megaron 506.

Nell’isolato VIII (saggi Morricone 1932-1933), nella zona ad E del largo 104, a ridosso del muro che costituiva la spalletta della strada 126, sotto un crollo, sono state individuate tre lastre, orientate N-S poggianti su uno strato di terra giallastra argillosa ricca di frustoli di carbone, che dovevano costituire il livello più alto della strada. Al di sotto di questo piano di posa sono state individuate due lastre che sono in rapporto con il lastricato del largo 104. Nei lavori intrapresi nella strada 105 nel tratto a, nella spalletta orientale, di fronte al vano 651, è stata individuata una struttura a dente quadrangolare che sembrava delimitare una strada con orientamento S-E/N-W; il dente era in rapporto con un muro più antico, conservatosi per un’altezza di tre filari di piccole lastre rettilinee, che si perdeva sotto il muro, più alto a grosse pietre irregolari, di epoca successiva. E’ possibile che nel vano 655 la sommità del muro più basso fosse correlabile al livello di lastre osservabile all’interno del vano, che secondo Bernabò Brea avrebbe invaso la strada 105 in una fase avanzata del periodo Giallo: la spalletta occidentale della strada 105 in un primo monento del periodo Giallo sarebbe stata verosimilmente costituita dal muro occidentale dei vani 603 e 604. In corrispondenza del vano 657 è stato individuato un muro a piccole lastre che continuava paralleo alla strada 105b. Su di esso si impostava il muro più recente con le fondazioni che poggiavano direttamente sul muro più antico (periodo Rosso?). In corrispondenza del vano 622 il muro rettilineo dell’ultima fase si spingeva verso N-E e che ad esso si addossava un nuovo muro, forse un contrafforte del precedente.
Nell’isolato VIII (saggi Morricone 1932-1933 e scavi Rizza 1953 e 1956) nell’area dei vani 642-644a alla ricerca delle fondazioni del muro occidentale è stato ripulito l’incrocio formato dalle strade 124 e 112a: le fondazioni, visibili lungo il lato della strada 112a, si conservavano per 2 filari. Il muro poggiava in parte al di sopra del lastricato dei due ambienti, come anche il muro divisorio tra i due vani: in origine doveva essere un’unica area lastricata. Nel vano 644 all’angolo SW è stata individuata l’anta di una grosso muro che si perdeva sotto il muro del periodo Giallo. E’ possibile che questo muro fosse in rapporto con l’anta del vano 601 e che costituisse i limiti del complesso del megaron 605. Nel complesso costituito dai vani 635-637 si è provveduto alla sistemazione del muro perimetrale degli ambienti che delimita il complesso a W verso la strada 112a: esso poggiava su una struttura precedente (periodo Rosso?) mantenendone l’orientamento. La pulitura del tratto più settentrionale del muro perimetrale W ha permesso di mettere in luce il suo ammorsamento con il muro rettilineo che chiudeva la strada 112a. Nel vano 644 è stato restaurato il tramezzo (1 filare) che separava l’ambiente b da quello meridionale. Nella parte occidentale del vano sono state individuate tracce del lastricato che è stato notato anche nel vano 642. Oggetto di interventi di restauro, integrazioni e consolidamento sono state anche le strutture murarie dei vani 602, 612-617, 630-633, 640-641.
Nell’isolato IX (scavi Paribeni 1933-1934) i lavori hanno interessato le strutture murarie del vano 708. Il muro settentrionale risultava ben conservato e visibile ancora per un’altezza di 8 filari, più o meno come a fine scavo [9]. Il muro orientale, prospiciente il vano 705, presentava un cedimento nella metà N; ben conservato era anche il muro meridionale mentre del muro occidentale era presente solo il filare inferiore. Lungo il tratto S, in corrispondenza dell’attacco del muro E del megaron 707, è stato recuperato, sotto il piede del muro, un vasetto frammentario d’impasto con becco di versamento, verosimilmente in rapporto con il precedente livello d’uso del vano (periodo Rosso?). La pulizia del vano ha permesso di mettere in luce all’angolo NE una lastra similie a quella posta ad W, indicante il piano di utilizzo della fase del periodo Giallo. All’altezza dell’unico ingresso del vano, ubicato nelle vicinanze dell’angolo SW, una volta rimosse le pietre è stata messa in luce una lastra piana collocata a ridosso di una seconda, posta ad una quota più alta: è evidente che al megaron 707 si accedeva tramite 2 gradini. Nel megaron 707, dopo la ripulitura all’angolo NE, è stata individuata una piccola struttura semicircolare, forse un focolare; un secondo appostamento (una piccola banchina litica) è stato messo in luce all’angolo NW, nei pressi della porta di accesso al vano 708. Nel megaron 707 sono stati oggetto di restauro il muro W e lo stipite occidentale della porta principale, a S. Nel vano 714 la ripulitura del muro settentrionale ha permesso di mettere in luce una porta comunicante con il vano 715, la cui soglia si trovava però ad una quota più alta, più o meno corrispondente a quella dell’ultima fase d’uso del vano 708. L’accurata pulizia del vano ha permesso di individuare un muro curvilineo, parzialmente sconnesso, con orientamento N-W/S-E, che si perdeva sotto il muro S del periodo Giallo [10]. Nel vano 704 è stato risistemato l’angolo NE nel punto in cui si ricollegava al muro perimetrale del vano 702, nel contempo è stato restaurato anche l’angolo SW. E’ stata anche messa in luce la faccia a vista del muro originario orientale, successivamente obliterato dalla sovrapposizione del muro del vano 702. Dopo la pulitura è risultato evidente che il livello d’uso, in una prima fase, doveva essere piuttosto basso come stava a indicare la soglia verso il megaron 707 prima obliterata e poi rialzata. Nel vano 652a è stato ripulito e integrato il muro meridionale, già oggetto di restauro in anni passati, come indicavano nuclei di cemento; la fondazione di questo muro poggiava su un livello di lastre sconnesse pertinente all’originaria pavimentazione della piazza 103. Nel cortile 706a è stato ripulito il lastricato, ancora ben conservato specie nella parte centro-occidentale. Si è intervenuto anche sul tramezzo N-S che, in una fase successiva, si sovrappose alla pavimentazione. Il muro, su 3 filari, appariva ben conservato mancante però dell’angolo SE che è stato reintegrato. E’ probabile che il cortile 706a costituisse il vestibolo del megaron 707 e che in una fase successiva una parte dell’anta W venisse tagliata per ricavarne una porta verso il vano 712. Nel cortile 713a è stata ripulita l’area lastricata e restaurato il muro a Π, al cui interno si trovavano numerose tracce di carbone e terra rossa, che sembrerebbero confermare la sua funzione di focolare.
Nell’isolato XIII (scavi Bernabò Brea 1936 e Rizza 1953) i lavori hanno avuto inizio con la pulizia della strada 122, che delimitava il complesso sul lato occidentale. E’stato pulito il vano 825, in cui è stato risollevato il tramezzo orientale che chiudeva con il muro occidentale del vano 829a. Nel vano 824 è stata individuata all’angolo SW una piccola eschara, chiusa ad E da una lastra posta per coltello. Il muro curvilineo che chiudeva a S il vano 822 appariva interrotto nel tratto orientale, dove si conservava solo a livello dei fondazione: non è stato possibile individuare il vano 821, indicato da Bernabò Brea come una delle strutture riferibili ad una fase inziale del periodo Rosso [11]. Ad W della strada 122, i vani 818 e 819 sono stati oggetto, dato il precario stato di conservazione delle strutture, solo di un’accurata pulizia. Nella strada 123 sono stati risollevati di un filare i muri N e S. Il vano 29 a livello della strada 123, lungo il muro settentrionale, presentava una grande soglia monolitica, forse da mettere in rapporto con un edificio di epoca posteriore (periodo Rosso o Giallo). Nei vani 639-641 sono stati risollevati di 1 filare i muri perimetrali.
Interventi di restauro sono stati effettuati anche nell’area ad W e a N del megaron 317 (scavo Pietrogrande 1931-1932). I lavori nel muro del periodo Giallo che delimitava ad W la strada 109b hanno permesso di mettere in luce le fondazioni a grandi pietre della struttura. Un’accurata pulizia del muro meridionale del vano 315 ha permesso di rilevare che esso faceva angolo con il muro del periodo Giallo N-S, a W della strada 109b. Nel megaron si è proceduto a rialzare (tre filari) l’angolo SE e un breve tratto del muro occidentale. Interessata ai lavori di restauro è stata anche la piazza 106. Nella zona ad E del megaron 317 si è proceduto alla pulitura del muro che chiude ad E la piazza, conservatosi per 6 filari, che si spingeva verso N piegando leggermente verso E.
Alberto G. Benvenuti – Massimo Cultraro
Note
[1] Per il consolidamento delle strutture è stato usato il kiboweld (un addittivo ad emulsione acquosa di copolimeri sintetici utilizzato nella preparazione di malte da intonaco e boiacche adesive a base cementizia) con cemento bianco, sabbia, acqua ed ocra.
[2] Il 17 settembre 1994 ha avuto luogo a Poliochni la firma da parte dei garanti internazionali del progetto per la salvaguardia dell’Arcipelago dell’Egeo, promosso dai Ministeri ellenici della Cultura, dell’Ambiente e dell’Egeo. Alla presenza di numerossissime personalità della politica, della cultura e dell’arte della comunità internazionale, tra cui l’on. Luciana Castellina, a quel tempo Presidente della Commissione Cultura del Parlamento europeo, il protocollo è stato sottoscritto sul sito dell’abitato preistorico non lungi dalla più antica aula assembleare nella storia d’Europa.
[3] Poliochni II, 92-93, figg. 59-60 (archivio SAIA A2437/1932 e A2455/1932).
[4] Nello scavo del 1932 risultava obliterata con piccole lastre rettilinee: Bernabò Brea 1976, 91, fig. 58 (archivio SAIA A2498/1932).
[5] Poliochni I, Atlante tav. 7.
[6] Poliochni II, 106, fig. 72 (archivio SAIA A2497/1933).
[7] Poliochni I, Atlante tav. 7.
[8] Poliochni I, Atlante tav. 8.
[9] Poliochni II, 220, fig. 156 (archivio SAIA A2382/1933), 222, fig. 157 (archivio SAIA A2390/1933).
[10] Poliochni I, Atlante tav. 9.
[11] Poliochni I, Atlante tav. 2.