Sulla collina di Poliochni, con una superficie ormai resa pianeggiante dal riempimento progressivo del canalone centrale avvenuto durante il periodo Nero, si imposta la città del periodo Azzurro, invadendo tutta la superficie ed estendendosi quindi anche nella circostante piana, verso NW e verso SW.
In apertura del capitolo consacrato alle mura di questa fase dell’insediamento Luigi Bernabò Brea scriveva: “Poliochni, dal momento in cui, superato lo stadio di villaggio di capanne assunse una fisionomia urbana e cioè fin dagli inizi del periodo Azzurro, ebbe una salda cinta di mura…che circondava tutto all’intorno il piede della collina” [1].
In realtà già dai rilievi di Della Seta, che lo stesso Bernabò Brea riproduce [2], appariva chiaro che, al di fuori delle mura note, si trovavano diverse costruzioni abitative, in un’area non inglobata dalla cinta e muraria ma già riferibile al periodo Azzurro [3].
Una riprova di questa presenza di un insediamento “esterno” del periodo Azzurro si è avuta col saggio A, eseguito negli anni 1988-93, quando sono stati raggiunti i livelli più bassi di stratificazione della città del periodo Azzurro, estesi al di sotto e al di fuori della linea delle mura.
Altre strutture attribuibili al periodo Azzurro e sottostanti alle mura erano già state individuate sia nel vano 26, sia nel vano 28 [4]. Queste costruzioni mostrano in maniera molto chiara la loro arcaicità rispetto ai muri perimetrali del cd. Granaio (vano 28), in quanto letteralmente inglobate e coperte da questi ultimi [5]. Ciò è apparso ancora più evidente nel recente saggio U, eseguito all’interno del vano 28 [6]. Con questo saggio è stato esplorato un testimone del riempimento lasciato dagli scavi Accame-Paribeni del 1933-34. Inglobato nel testimone si è conservato un tratto di muro di modesto spessore, riferibile con tutta certezza alle stesse strutture abitative già individuate ed asportate dai vecchi scavi [7]. Questo muro, alto 2,10-2,15 m, conservava, oltre alle due soglie messe in luce dai primi scavatori, anche una finestrella quadrangolare (cm 45 x 40), posta all’altezza di 1,60 m dalla sua fondazione.
Si tratta in ogni caso di una struttura precedente alle mura, facente parte di quel sistema di muretti che venivano letteralmente scavalcati dal muro orientale del cd. Granaio. La recente verifica stratigrafica ha permesso di escludere la possibilità che questi muretti avessero un diretto rapporto col vano 28, con un’ipotetica funzione di supporto di un impalcato ligneo utile a suddividere l’edificio in più piani [8].
I nuovi dati rendono restituiscono una sequenza architettonica più complessa di quanto finora noto per il periodo Azzurro di Poliochni, tale da render possibile una descrizione articolata del tessuto urbano nelle diverse sottofasi di questo periodo. è ancora possibile, comunque, conservare le due fondamentali scansioni del periodo Azzurro in arcaico ed evoluto, che coincidono con mutamenti sostanziali non solo nella sequenza tipologica delle ceramiche ma anche nell’adozione di modelli urbanistici sensibilmente differenti: da un villaggio aperto ad una città murata.
L’insediamento del periodo Azzurro arcaico (Tav. IV)
Estensione e natura dell’insediamento
L’insediamento del periodo Azzurro arcaico si estendeva, nella parte sud-occidentale, oltre il limite delle mura ed occupava, senza soluzione di continuità, tutta l’area della collina, essendone state ritrovate tracce strutturali evidenti sia nel vecchio saggio nel megaron 605 sia nel nuovo saggio M, aperto sul versante a mare della collina [9], ma anche nei saggi H/est e H/ovest, all’estremità settentrionale del sito [10]
Questo ampio insediamento non era delimitato da alcun circuito murario, non essendone state rilevate tracce nemmeno nei carotaggi e nei saggi condotti all’esterno del successivo perimetro murario del periodo evoluto.
In alcuni casi le strutture individuate per questa fase restituiscono sovrapposizioni architettoniche non chiaramente identificabili cronologicamente. Ad esempio il saggio VII di Bernabò Brea ha restituito tracce di due muri sovrapposti, sicuramente precedenti la cinta urbica, all’interno del taglio 22 dove fu messo in luce un muro [11] ..”cui ben presto se ne associò un altro parallelo e sovrapposto. Molto più in basso ed a partire dal taglio 29, alla profondità di circa 3,50 dal piano di campagna, lo strato di terra nerastra frammista a cenere ricopriva un terzo muro di altezza contenuta (cm 50 circa) composto da una grande lastra di base e piccole pietre al di sopra”.
D’altra parte l’ingente deposito archeologico, che ora sappiamo caratterizzare questa fase di Poliochni [12], potrebbe esser più propriamente articolato in due sottofasi, evidenziate soprattutto dai rinvenimenti ceramici, dal momento che le relative strutture sono difficilmente raggiungibili a causa delle sovrapposizioni seriori [13].
La discarica
Uno dei dati più significativi emerso dalle recenti ricerche condotte sul sito di Poliochni è proprio costituito dalla certezza che nelle fasi antiche la città non era circondata dalle mura e tanto meno dalla cosiddetta discarica ad esse antistante, che è quindi un fenomeno pertinente alla sola fase evoluta del periodo Azzurro.
L’architettura domestica
Le poche tracce note per questo periodo, si riferiscono tutte a strutture di carattere domestico, come si rileva dal modesto spessore delle loro mura e dalla presenza in alcune di esse, di soglie e piccole finestre.
I tratti che sappiamo ora appartenere con certezza a questa fase sono i seguenti:
- sul lato meridionale della collina (Tav. 1a), poiché la zona non è più stata bonificata dopo l’abbandono degli anni ’30, i dati raccolti restano unicamente quelli degli scavi 1930 e, solo in un caso, si può parlare di strutture certamente precedenti alla costruzione delle mura, come per la canaletta individuata all’interno del vano 1150 [14];
- sul lato occidentale della collina (Tav. 1b-e) numerosi piccoli tratti di muri certamente possono essere ascritti a questa fase; si tratta del muretto rettilineo rinvenuto all’interno del vano 801, nei pressi dell’accesso alla città e dei tre muri rettilinei rinvenuti da Bernabò Brea all’interno del saggio VII [15]; ad essi si aggiungono il muro all’interno del saggio U [16] e la traccia di abitazione rinvenuta nel saggio A [17];
- all’interno del successivo perimetro murario (Tav. 1f-g) resti di due lunghi muri rettilinei sono stati individuati nel saggio in profondità condotto da Bernabò Brea nel megaron 832 e da lui interpretati come i muri perimetrali di un primo megaron del periodo Azzurro arcaico [18]; pochi resti all’interno del megaron 605 sono stati assegnati, sempre da Bernabò Brea, a questa fase;
- sul lato settentrionale della collina (Tav. 1h-i) due brevi tratti di muretti rettilinei e paralleli messi in luce nella stretta trincea del saggio H/ovest [19], durante la campagna 1993 sembrano appartenere a questo periodo così come i due piccoli muri pseudo rettilinei e sovrapposti rinvenuti nel saggio Z 1997, all’interno del vano 313 e rinvenuti alla quota di 14,30 slm.
Tra le strutture che non possono più esser assegnate a questa fase (Tav. 1l-m) vanno annoverati:
- i tre muri retrostanti e paralleli alla parete orientale del Bouleuterion, rinvenuti dal Sestieri nel 1934 [20]; il più vicino di questi muri si è rivelato infatti esser parte integrante della parete orientale su cui si appoggia la scalinata [21] del Bouleuterion messa recentemente in luce, in posizione simmetrica rispetto a quella finora nota;
- le strutture messe in luce dagli scavi Arias nell’isolato II, delle quali restavano poche tracce già al momento della ripresa degli scavi ad opera di Bernabò Brea [22]; il saggio T, condotto nel 1995, ha infatti accertato che al di sotto di tali resti si rinvengono abitazioni ancora riferibili al periodo Verde; d’altronde, l’intero deposito archeologico accumulatosi su questo versante della collina non ha restituito alcun elemento precedente alle fasi evolute del periodo Azzurro.
Prendendo in considerazione le strutture architettoniche di uso domestico che possono con certezza essere attribuite al periodo Azzurro arcaico si può concludere che:
- si tratta in tutti i casi di strutture litiche a doppio paramento di pietre aventi piccole dimensioni e limitato emplecton di terra argillosa; lo spessore dei muri è modesto, variando da un minimo di 40 cm nel saggio U ad un massimo di 50 cm nel megaron 832; anche l’alzato residuo è di norma contenuto, anche se nel saggio U è stato documentato un muro di questa fase con un’altezza massima conservata di oltre 2 m;
- la planimetria di queste abitazioni, non consente di parlare propriamente di megara dato che non sono state messe in luce planinetrie evidenti in questo senso; certamente tutti questi muri hanno un andamento rettilineo e, data la lunghezza accertata nel vano 28 e nel megaron 832, può ipotizzare una planimetria rettangolare per le corrispondenti strutture;
- le case erano dotate di soglia in pietra e, come documentato in qualche caso [23], avevano piccole finestre quadrangolari aperte nel paramento murario.
In almeno tre casi (saggio A, saggio H/ovest e saggio nel megaron 832) queste strutture sembrano esser state distrutte da un incendio, come attesta lo spesso strato carbonioso che le ricopriva. Considerata la notevole distanza tra queste evidenze sembra possibile ipotizzare un incendio esteso all’intero abitato al termine della fase arcaica.
L’architettura pubblica
La complessa sovrapposizione stratigrafica negli oltre 6 m di deposito archeologico complessivo e l’intrico di strutture architettoniche delle diverse sottofasi, non permette, allo stato attuale, di sbilanciarsi sulla presenza di strutture a carattere pubblico già nel periodo Azzurro arcaico.
Sicuramente, i dati che avevano indotto Bernabò Brea a datare alcuni elementi architettonici a questa fase, sembrano ora, almeno in gran parte, venir meno. Resta tuttavia la possibilità di ipotizzare che la costruzione dei pozzi, almeno quello nella piazza 106, possa esser avvenuta in una fase relativamente antica, quando cioè l’insediamento dall’interno del canalone si estende, ampliandosi, su gran parte della collina.
Antonella Traverso
NOTE
[1] Poliochni I, 117.
[2] Poliochni I, Atlante tav. 11.
[3] Cf. Poliochni I, tav. planimetrica nº 11: vano 1165; tav. planimetrica nº 3: muro all’interno del piccolo vano 801; tav. planimetrica nº 12: vano 1150.
[4] Poliochni I, Atlante tav. 10.
[5] Poliochni I, figg. 109-110 e Atlante tav. 20: sezione Z-Z’.
[6] Benvenuti 1997a, 24-33.
[7] Poliochni I, 198.
[8] Poliochni I, 199.
[9] Tiné V. 1997c, 688-689.
[10] Cultraro 1997b, 686-687.
[11] Taccuini di scavo Saggio VII, martedì 11 agosto 1953.
[12] Nel saggio X infatti si evidenzia oltre un metro di interro.
[13] Se si confronta la sequenza architettonica con la sequenza cronotipologica proposta per i materiali fittili (cf. supra, cap. III), si evidenzia come gli strati che qui sono stati considerati relativi a queste fasi strutturali più antiche, trovino posto quasi sempre nella prima fase ceramica. La presenza nondimeno, nella II fase dei livelli finali del saggio I di Bernabò Brea e della piazza 106, che nella prima fase non erano mai documentati, autorizzano ad ipotizzare, proprio perché si tratta di saggi con un’altra dislocazione topografica sulla collina, una seconda fase arcaica, successiva a quella meglio documentata nei saggi A, U e VII.
[14] Poliochni I, Atlante tav. 12.
[15] Poliochni I, 234.
[16] Cf. supra, cap. I , 16.
[17] Cf. supra, cap. I , 25.
[18] Cf. supra, cap. I , 16, 84-86.
[19] Cultraro 1997b, fig. 4.1.
[20] Tali muri furono indagati con il saggio 1032, v. Poliochni I, 181-182.
[21] Arkontidou – Tiné – Traverso 1993, 368.
[22] Poliochni I, 259.
[23] Benvenuti 1997a, fig. 4.